Mia moglie è morta. Eccomi libero.
Posso finalmente bere quanto voglio.
Quando rientravo senza il brocco di un quattrino
le sue grida mi sfilavano i nervi.
Contento come un re. L'aria è pulita, un cielo
da lasciare senza fiato.
Ricordo che proprio in una estate così
i nostri cuori avevano preso fuoco.
All'orrenda sete che mi squarta
sarebbe necessario per sfogarsi
tutto il vino che corrisponda
allo spazio, non piccolo, della sua tomba.
L'ho buttata infatti giù in un pozzo
e per giunta ho fatto franare su di lei
tutte le pietre della sponda.
- Potessi dimenticarla, Ma c'è un modo?
Nel nome dei languidi giuramenti,
strettissimi tentacoli, tentando
di far pace con lei,
flSSO
ai deliri
del passato, le chiesi di incontrarla
e proposi una strada buia, di sera.
E la sventurata accettò.
Noi siamo tutti matti, in qualche modo.
Era ancora molto carina,
anche se francamente un po' sfiorita. Quanto a me,
c'è da supporre che la amassi troppo. E fu così
che esplosi: Vattene! Fuori da questa mia vita!
IL VINO DELL’ASSASSINO
Chi può capire. C'è mai uno che sogni,
dico di questi rincoglioniti ubriaconi,
uno che sogni, in una delle sue torbide notti,
di farsi attorno un sudario di vino?
Questi viziosi irriducibili, induriti
come macchinari di metallo,
calda o fredda che fosse la stagione
non hanno conosciuto la passione
con le sue nere seduzioni,
il suo corteo d'inferno di tormenti,
i suoi intrighi estasianti, i pianti.
i suoi fragori di catene
e i suoi schianti d'ossa.
Ma sono libero, libero e solo.
E questa sera sarò sbronzo perso.
Senza paura né rimorso
farò della terra il mio letto
e lì dormirò come dorme un cane.
Il carro dalle ruote grevi
pesante di pietre e di palta,
il convoglio che arriva scatenato,
schiaccerà allora la mia testa senza pace
o segherà nel mezzo il mio torace.
Ma me ne infischio. E così di Dio.
O del Demonio, se meglio vi pare.
E me ne fotto delle mense d'altare.
IL VINO DEL SOLITARIO
Una donna di gusto, una che ci avvolga
dentro un' occhiata eloquente, un po' come la luna
con il suo raggio brillante e ondoso, quando sfiora
la preda del lago increspato
e affonda in quel tremare, splendida e noncurante;
le dita del giocatore, assorto
al fondo del suo cuoio
a esumarvi l'ultima moneta;
la lingua della Delina che è rapida,
libertina, minuta;
le note di una musica che abbia lo sfinimento
dolcissimo dei gridi primordiali
degli sventurati mortali;
tutto ciò non è
ancora, o fondo vetro, pari
all'oltranza aromatica che il tuo
ventre d'incinta inclina,
offerto al cuore offeso
del poeta indifeso.
Vengano le speranze. Sorgi, vita, e tu,
bella gioventù. E a te sia lode, orgoglio,
ampio re di miseria che ci rendi
gli effimeri trionfi, ci simuli il divino.
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