testimonianza di Marco Seveso in catalogo alla mostra “La storia, il sogno, l’amicizia”
Poggio Oliveto- Roccastrada 2001
otto artisti operanti sul territorio di Roccastrada (GR)
La storia, il sogno, l’amicizia
“ Trent' anni di memoria di un luogo. Che non è cambiato: la luce delle sue stagioni,
l'organizzazione spontanea e sorprendente della natura (non troppo maltrattata), il silenzio.
Gli uomini e le donne: liberi e armoniosi come il loro paesaggio. Cosmopoliti per
tradizione, creativi, serissimi con humor. Gran bevitori e cantatori! Popolo d'élite in questa
Italia, e in quest'Europa, sempre più siliconata, plasticona, consumatrice e dissipatrice!
Qui si impara.
Che il benessere materiale, che aumenta tuttavia, ha senso se si accompagna al
benessere interiore, e che quest'ultimo, come il cosmo nel vuoto, può espandersi nello spazio
dell'emozione (e della conoscenza), solo perché intollerante a classi, appartenenze e dottrine.
Resta qui la nobiltà di una anarchia paradossalmente costruttiva: atea, materialista,
finalmente umana: l'eros dell' intelligenza!
Un paradiso? No: grumo umanissimo di laceranti contraddizioni; volontà e frustrazione,
errori e dolori, anche disperazioni, ci sono, eccome, ma senza sipari o fantasmi. La fatica del
corpo e le ferite della coscienza si curano qui con la civiltà della politica, le ingiustizie con la
forza della ragione e il piccone dell'ironia, le debolezze con il ricostituente dell' amicizia e della
solidarietà. Certo ogni tanto qualche cazzottone ci scappa ma proprio perché qualcuno se lo è
andato a cercare! Eppoi nessuna di queste abilità è stata donata ma sono tutte opera
preziosa di conquista e sudore collettivi, sono fatto sociale!
Quando è l'ora del nervoso, merce copiosa nel vivere urbano, se torni qui ti passa, e non
per effetto sonnifero, ma perché nel riflesso interiorizzato di questi luoghi, nella vivezza del
linguaggio dei suoi abitanti, nella discrezione dei rapporti umani, se ti ci abbandoni, ritrovi il
bandolo, le ragioni forti della calma per continuare a correre l'avventura di sé.
Roba buona per un artista, certo, ma per tutti non mancano altri argomenti schietti e
imperativi: la buona uva Sangioveto che domina nei ricchi vini locali, il piccante dell' olio
giovane che qui sa un po' di carciofo, i saporiti prosciutti e i generosi formaggi pecorini. La
cucina di qui è davvero, e ancora, lo specchio della onestà e del gusto di queste genti.
Che possiedono un grande merito ulteriore: la capacità di accettare e arricchirsi di
culture diverse o estranee, con disinvoltura ancora una volta cosmopolita.
Mi piace pensare ad una radice etrusca di questa cultura, sopravvissuta nei secoli al
rapacismo latino, alla violenza longobarda, alle baronie papaline, al bigottismo sabaudo, allo
sfruttamento capitalista.
Qualche lievito vi avranno potuto aggiungere il buon governo del duca Leopoldo e
certamente, nell'ultima storia, l'idea socialista e democratica di uguaglianza, ma un filo c'è, ci
deve essere, che va più lontano, che andrà più lontano ... “